NICOLA BERTOGLIO

iphoneografo

Mostra “Polyrhythm” presso ORYGMA Ancient Shed a Milano dal 25 Ottobre al 5 novembre 2013

venerdì 25 ottobre 2013

 

L’opera “Interni di Viaggio: Venezia”


La poliritmia, rappresenta l’utilizzo simultaneo di ritmi pari e dispari o comunque non multipli della stessa unità temporale, per arrivare a costruire una figura ritmica differente da quelle già presenti nei ritmi che la costituiscono presi singolarmente. Inoltre la poliritmia richiede, per essere tale, la produzione di una ricchezza di varietà ritmica attraverso l’impiego simultaneo dei ritmi appunto, differenziandosi ad esempio dalla melodia, la cui proprietà è quella di essere facilmente individuabile all’interno del tessuto compositivo.

Trasponendo quest’idea all’arte figurativa ed all’architettura ci troviamo a predisporre di un importante strumento.

I ritmi compositivi in architettura sono spesso molto marcati, ben visibili, i canoni progettuali ed i sistemi costruttivi stessi sono genesi della realizzazione di strutture ritmiche poiché la matematica da sempre in architettura detta i tempi, la metrica nella creazione dei manufatti.

Nelle arti figurative, invece è meno necessario, ma solo relativo ad una scelta, il rigore matematico, e quindi più intrigante utilizzarlo in una sperimentazione astratta che non lo prevede obbligatoriamente, come nella progettazione architettonica e nel calcolo strutturale.

E così che vediamo anche quanto il ritmo rappresenti un valore estetico archetipo.

l’idea di vedere e di immaginare costruzioni ritmiche.

Il ritmo nella bidimensione suggerisce l’idea della profondità così come succede nella prospettiva. Il ritmo nelle texture costituisce un linguaggio, di geometrie, come la scrittura fatta di simboli intelligibili, o una lettura di pieni e vuoti, come una scacchiera.

Una poliritmia, una sovrapposizione di ritmi simultanei, ci permette di andare addirittura oltre nell’arte figurativa, i ritmi sovrapposti non sono più disegnati su un piano come nello spartito, la sovrapposizione, la suggestione, ci permette di scavare dentro la tridimensionalità, i ritmi distesi e concomitanti entrano e definiscono una profondità reale perche illusoria che continua a muoversi, dentro e fuori, in una continua e ripetuta messa a fuoco.

I ritmi si distribuiscono nello spazio, questa condizione poliritmica ci fa vivere inoltre un’esperienza temporale dentro l’immagine e non solo, innescando un processo conoscitivo, un motore ritmico, il battito cardiaco, ci permette di scoprire e conoscere l’aspetto criptato dentro l’immagine. Ovvero una proiezione immaginativa dinamica, un fermento di realtà nascoste dentro, dietro ciò che raffigura un’opera.

Un movimento di molecole che prendono vita nell’illusione e raccontano ciò che mai consciamente, lucidamente potremmo riuscire ad inventare e descrivere, un sogno che si racconta, che vive di vita propria, che nasce grazie alla fruizione inconscia e simultanea di ritmi differenti intrecciati da cadenze nella multidimensionalità degli spazi illusori. Ritmi rappresentati, presenti nell’opera attraverso elementi che li definiscono visivamente, adesione poliritmica.


Lucio Forte 2013

Ulteriori informazioni

Info@lucioforte.com

tel. 347 7686415

http://www.lucioforte.com/



Artisti:


Artemisia è un noto gruppo artistico che opera prevalentemente nell’area milanese composto da cinque pittrici: Emanuela Volpe, Francesca Bruni, Pea Trolli, Renata Ferrari e Rita Carelli Feri.

Il denominatore comune nonchè principale elemento di genesi del gruppo è stata la frequentazione dell’atelier del maestro pittore Luigi Lomanto.

Il gruppo è sensibile a temi profondi quali la libertà e l’affermazione di ogni essere umano ed il confronto e la conoscenza di culture diverse.

Tutti membri del gruppo Artemisia lavorano in campi artistici, nell’ambito dell’insegnamento in istituti e scuole d’arte, nell’ambito della decorazione e del restauro, nella produzione di affreschi e trompe l’oeil, definendo così attraverso questo bagaglio di esperienza e talento, un taglio di profonda qualità artistica e professionale nel linguaggio espressivo.


Nicola Bertoglio in questa rassegna presenta una composizione iphoneografica composta di quattro immagini stampate su Chromaluxe intitolata: “Interni di viaggio: Venezia”.

Nicola Bertoglio: “Questa composizione è nata da un soggiorno a Venezia in un hotel accanto alla Accademia.

Mentre ero nella mia stanza mi sono guardato attorno e ho pensato di fare delle foto a quello che vedevo.

Ne è nata la rappresentazione di un mondo chiuso e per certi versi malinconico.

In questa composizione la realtà che raffiguro non ha vie di fuga, non ha porte e l’unica finestra è coperta da una tenda dalla quale si intravede poco dell’esterno. C’è un vaso che testimonia che l’interno non è vuoto e contiene qualcosa che ancora non si vede.

C’è uno specchio nel quale lo spazio della stanza è definito solo in parte e come riflesso di qualcosa d’altro.

C’è una coperta che rimanda ad una intimità nascosta ma accogliente nella quale scivolare.

Per concludere, questa composizione nata da un viaggio è essa stessa un viaggio alla scoperta di un mondo che altro non è che il mio, interiore”.


Alessandra Bisi:” Dipingere mi diverte moltissimo. Amo il linguaggio sempre insufficente ma ricchissimo di opportunità che ho acquisito giocando con il colore, le forme, la materia.

Per questo quando ho un’idea e voglio esprimere qualcosa di più esplicito della composizione astratta, incomincio a cercare un’immagine. Le mie figure contengono i procedimenti, i rifacimenti e la ricerca formale dei quadri astratti. E’ il mio mondo divertente.”


Giancarlo Caciagli presenta l’ opera “Il Sole”. Esplorazione della luce solare su una sorta di piano orizzontale. Un cielo implacabile e simbolico indifferente alle azioni umane.

Giancarlo Caciagli:” Due note su di me: sono un completo autodidatta, trovo terapeutico usare colori e linee, lo faccio da quando sono piccolo, la considero una attività naturale come correre o leggere. In passato ho sempre regalato i miei quadri forse ho fatto bene o forse no, ad ogni modo resistono nelle case di amici. Non ho un approccio standard, i miei soggetti o paesaggi non seguono un filo logico, sono piuttosto mossi da esigenze

temporali, contingenti al mio sentire la vita, quindi in continua variazione”.


Lucio Forte artista eclettico alla ricerca di un’arte, caratterizzata da tecnica, dinamismo e forza, che esalti la suggestione nella pittura di caratteristiche percepibili non bidimensionali, non visibili, non statiche, come profondità, movimento, suono e luminosità.

Che sia canale di trasporto al sogno ed alla libertà di cui questo ne è elemento scatenante.


Quella di Giuseppe Giacobino è una ricerca artistica a carattere fenomenologico. Se pur nel suo lavoro fotografico vi sono riferimenti all’eredità metalinguistica concettuale di autori come Baldessari, si apre a una ermeneutica di codici referenziali. L’idioletto della sua messa in opera ha la funzione di destare all’osservatore una “attesa disattesa”, un effetto straniante, una apparente negazione del significato, aprendo le porte dei vari incommensurabili sentire e soggettive interpretazioni. “Negare la narrazione” sembra essere il sottile filo che conduce al suo lavoro. Una ricerca sull’immagine e coscienza volta a denunciare il limite di quest’ ultima, quale prodotto del condizionamento operante di una società sempre più materialista e indotta. I suoi lavori non offrono un godimento empatico ma autoattivano domande sul senso dei segni posti.


Nairò presenta tre cicli di opere realizzate utilizzando cassette di legno, tele e vetro, così descritte:

Cassette.

Queste cassette sono fatte di legno così come lo erano gli alberi da cui derivano. Alberi contrassegnati da numeri.

Non ho fatto altro che dare ad ogni cassetta il numero dell’albero da cui proviene (naturalmente inventandolo)

Ciò le rende perfettamente identificabili così come lo siamo noi tra codici fiscali, patenti, numeri di telefono bancomat ecc..

Ciclo le tele: due opere.

In questi lavori ho piegato lo spazio pittorico, l’ho deformato. Così come ho viaggiato nello spazio deformandolo, ho viaggiato nel tempo, sono stato su Sirio, su Andromeda, ho superato Marte e la Via Lattea, ho viaggiato nel niente e nel tutto.

Ciclo i vetri: due opere:

per i vetri ho usato piccoli oggetti di vetro, li ho colorati e sulla tela ho trasferito la forma ed il colore. I vetri sono piccoli quadri dove l’analisi della luce e della struttura dell’oggetto potrebbe non fermarsi mai, ed emerge in piccole esplosioni controllate che si potrebbero espandere continuamente sulla superficie piana. con gli oggetti c’è la stessa relazione tattile che ho con i ritratti, c’è un continuo mettere e togliere colore ed il risultato finale è dovuto al caso.


Marco Sancini lavora nel campo della sperimentazione digitale, ripercorrendo temi legati alla Pop art e al Cyberpunk ed invertendo il processo di schematizzazione automatica digitale delle immagini. Dalla macchina all’uomo, in un approccio così dall’artista definito: “digitalizzazione manuale”.